Questa tua domanda è profondamente filosofica e solleva riflessioni importanti sia per l’arte che per la comprensione dell’essere umano in generale. La domanda di se l’uomo possa “dimenticare la sua essenza” tocca il cuore di molte discussioni sulla natura umana e sul ruolo della cultura e dell’arte nel riflettere e plasmare questa natura.
Nella storia dell’arte, si è sempre cercato di esplorare e esprimere l’essenza dell’umanità. Che si tratti di rappresentare la bellezza ideale, la sofferenza, la gioia, o la complessità dell’esistenza, l’arte ha funzionato come uno specchio delle qualità intrinseche dell’uomo e del contesto in cui vive.
Nell’arte contemporanea, anche se a volte può sembrare che l’essenza umana venga messa in secondo piano a favore di esplorazioni di stile, forma, o critica sociale, molti artisti in realtà stanno ancora interrogando e esplorando esattamente questo: cosa significa essere umano in un mondo moderno. Utilizzano nuovi linguaggi visivi o concettuali per affrontare vecchie questioni – come l’identità, l’emozione, la connessione e l’isolamento – che sono centrali per l’essenza umana.
L’arte, quindi, può essere vista come un mezzo attraverso il quale l’umanità costantemente riafferma, esplora e talvolta mette in discussione la propria essenza. Non dimentica, ma piuttosto evolve la sua comprensione di sé attraverso l’arte. Ecco perché anche nei cambiamenti più radicali nelle forme artistiche, si può spesso scorgere una ricerca continua delle risposte alle stesse domande fondamentali su chi siamo e perché esistiamo.
Cosa pensi di questa interazione tra arte e essenza umana? Ritieni che l’arte contemporanea stia riuscendo a mantenere questo dialogo, o vedi una distanza crescente tra l’arte e queste questioni fondamentali?
Io penso che L’essenza dell’umanità non può essere espressa in un concetto perché un’opera d’arte al di là del suo stile,della sua forma,di quello che rappresenta, porta in se stessa quell’essenza che permette la comunicazione dell’artista ad altre essenze umane attraverso lo sguardo e non attraverso un concetto che dialoga con la ragione e non con quella parte trascendentale di noi che tu chiami essenza
